Pubblicati sul sito della Presidenza della Repubblica i materiali (documenti, video e dichiarazioni) relativi alla conclusione dei “gruppi di lavoro incaricati dal Capo della Stato, Giorgio Napolitano, in materia economico-sociale ed europea e sui temi istituzionali“.

I temi elaborati sono tutti di interesse del personale della scuola, a prescindere dai ruoli e dagli incarichi, in quanto cittadini dello stato italiano, perché esiste una evidente interconnessione tra le condizioni della scuola e moltissime delle proposte che sono consigliate.

Per rimanere nel nostro campo, segnaliamo e portiamo in evidenza quegli aspetti che più direttamente sono legati agli argomenti nel quale siamo “specializzati”.



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Relazione del Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea istituito il 30 marzo 2013, 12 aprile 2013



AGENDA POSSIBILE
Relazione del Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea

istituito il 30 marzo 2013 dal Presidente della Repubblica e composto da
Filippo Bubbico, Giancarlo Giorgetti, Enrico Giovannini, Enzo Moavero Milanesi, Giovanni Pitruzzella e Salvatore Rossi

INDICE

1. Introduzione e sintesi p. 3
1.1 Gli obiettivi di fondo p. 3
1.2 Gli obiettivi immediati p. 4
1.3 Struttura e metodo della Relazione p. 6
Riquadro: Sintesi delle proposte p. 9

2. Le emergenze del presente, le opportunità del futuro, le scelte p. 12
2.1 Affrontare la recessione e cogliere le opportunità p. 12
2.2 Ritrovare la fiducia p. 13
2.3 Influire sulle prossime opzioni dell’Unione europea p. 14

3. Arrestare la recessione, avviare la ripresa p. 19
3.1 Creare e sostenere il lavoro p. 19
3.2 Sostenere le famiglie p. 22
3.3 Rilanciare il ruolo dell’Italia negli scambi internazionali p. 24
3.4 Fare arrivare il credito alle piccole e medie imprese p. 25

4. Agire sui presupposti di uno sviluppo equo e sostenibile p. 27
4.1 Aumentare l’efficienza delle amministrazioni pubbliche e fornire migliori servizi alle imprese e ai cittadini p. 27
4.2 Migliorare il sistema tributario p. 32
4.3 Migliorare la legislazione, consolidare la certezza del diritto p. 35
4.4 Potenziare l’istruzione e il capitale umano p. 37
4.5 Aprire alla concorrenza, tutelare meglio i consumatori p. 40
4.6 Favorire la ricerca, l’innovazione e la crescita delle imprese p. 43
4.7 Migliorare l’ambiente, aumentare l’efficienza energetica p. 46
4.8 Questione meridionale e questione settentrionale p. 50

Appendice statistica (in fascicolo separato)



Estratto

(…Omissis…)

4. AGIRE SUI PRESUPPOSTI DI UNO SVILUPPO EQUO E SOSTENIBILE

4.1 Aumentare l’efficienza delle amministrazioni pubbliche e fornire migliori servizi alle imprese e ai cittadini

Le classifiche internazionali sulla competitività dell’economia italiana segnalano l’inefficienza delle pubbliche amministrazioni e la pesantezza degli oneri burocratici tra i principali fattori che penalizzano il nostro Paese e scoraggiano gli investimenti. Le politiche fin qui seguite hanno incontrato principalmente due ostacoli, legati al fatto che la semplificazione si è dimostrata una “tela di Penelope”, in quanto i pubblici poteri, se da una parte semplificano, dall’altra introducono nuovi oneri burocratici. La “semplificazione”, inoltre, ha riguardato essenzialmente il livello statale, mentre in un sistema istituzionale multilivello l’attività amministrativa tende a concentrarsi nelle Regioni e negli enti locali.

In questa prospettiva, si propongono diversi interventi:

(…Omissis…)

accelerare l’adozione dei costi e dei fabbisogni standard, aumentare la trasparenza delle prestazioni delle singole amministrazioni attraverso la diffusione dei dati sui servizi resi, i loro costi e le pratiche migliori.

(…Omissis…)

Va poi notato che, in un sistema così complesso e articolato come quello della pubblica amministrazione italiana, è fondamentale che le decisioni siano basate su dati accurati e che gli effetti di tali decisioni siano misurati in modo standardizzato: si sottolinea, quindi, l’assoluta necessità di migliorare significativamente la qualità delle informazioni amministrative e statistiche riguardanti le pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle relative ai diversi livelli istituzionali (centrali e locali), le quali devono essere rese pienamente e tempestivamente disponibili al pubblico.

4.3 Migliorare la legislazione, consolidare la certezza del diritto

Secondo un convincimento pressoché unanime, un forte ostacolo alla competitività del Paese è costituito da carenze nella certezza del diritto. Il “diritto inconoscibile” impedisce il calcolo economico, pregiudica le aspettative e, quindi, blocca o ostacola gli investimenti e la loro convenienza. Inoltre, trasforma il cittadino in suddito, perché la garanzia prima dei diritti risiede nella possibilità di riferirsi una regola chiara e nel diritto di ottenere, nel caso di una sua violazione, una decisione rapida da parte del giudice, che assicuri l’effettività della tutela.

(…Omissis…)

4.4 Potenziare l’istruzione e il capitale umano

Tutte le analisi condotte sul tema della crescita economica indicano nella disponibilità di un capitale umano di qualità uno degli ingredienti fondamentali per sfruttare appieno le nuove tecnologie, per favorire l’innovazione e l’aumento della produttività. Di conseguenza, migliorare le performance dei sistemi di istruzione e formazione è fondamentale per assicurare nel medio termine una crescita economica in grado di riassorbire la disoccupazione e la sottoccupazione di cui è afflitto il nostro Paese. D’altra parte, la formazione si interseca strettamente con ricerca, innovazione e sviluppo: di conseguenza, la sua efficienza dipende dalla rapida connessione di tutti questi elementi e, dunque, dalla capacità del nostro Paese di rendere quanto più “corta” possibile questa filiera.

Secondo le classifiche internazionali sull’argomento, l’Italia presenta un forte deficit in termini di qualità del capitale umano rispetto ai principali paesi europei. Esso riguarda sia le competenze maturate dai giovani al termine della scuola dell’obbligo, sia la quota di laureati sulla popolazione. Inoltre, la formazione svolta dalle imprese è significativamente inferiore a quella tipica degli altri paesi europei.

Non è questa la sede per valutare nel dettaglio ipotesi di intervento sui sistemi educativi. Ciononostante, si ritiene che sia possibile adottare nel breve termine misure in grado di alleviare alcune situazioni particolarmente gravi o di influire, al contempo, sulla sostenibilità a lungo termine di un’area particolarmente rilevante per la pubblica amministrazione come la sanità.

Contrastare l’abbandono scolastico

In Italia l'abbandono precoce della scuola è assai più diffuso che nel resto d'Europa: nel 2011 il 18,2 per cento dei giovani non ha completato il percorso di studi secondario, contro una media europea del 13,5 per cento: tra gli stranieri la percentuale è vicina al 45 per cento. L'identikit degli studenti a rischio di dispersione è chiaramente delineato: si tratta di maschi, tipicamente immigrati di prima generazione, provenienti da un background socio-economico e culturale svantaggiato e che hanno già perso almeno un anno nel corso del primo ciclo (elementari e medie). Se non invertita, questa tendenza farà sì che, nella migliore delle ipotesi, la futura forza lavoro non avrà le competenze minime richieste da processi produttivi in rapida evoluzione; nella peggiore, genererà emarginazione e rischi per la sicurezza in numerose aree, specialmente nelle grandi città.

Va definito urgentemente un programma speciale per la riduzione dell’abbandono scolastico, specialmente nelle aree territoriali a rischio criminalità, rafforzando l’Azione “Contrasto alla dispersione scolastica” prevista nel Piano d’Azione Coesione. Tale programma dovrebbe valorizzare le esperienze di successo, evitando misure universalistiche e concentrandosi su interventi tempestivi e mirati nei confronti dei soggetti più vulnerabili. Ad esempio, le analisi disponibili indicano come il miglior strumento di contrasto all'abbandono sia il prolungamento della scuola al pomeriggio negli anni del primo ciclo, mentre oggigiorno il tempo pieno alle elementari è diffuso solo in alcune regioni (non a caso, quelle in cui la dispersione è minore) ed è di fatto inesistente nelle scuole medie.

Le attività scolastiche nel pomeriggio non dovrebbero però essere una mera replica delle lezioni frontali della mattina. L'estensione del tempo scolastico consentirebbe, infatti, di scomporre i gruppi classe, lavorando su piccoli numeri, sperimentando metodologie didattiche innovative (ad esempio, apprendimenti cooperativi e attività sociali) e individuando percorsi specifici per i ragazzi maggiormente a rischio. Per questi ultimi, l'insegnamento individualizzato dovrebbe riguardare in modo prioritario il rafforzamento delle competenze di base: comprensione dei testi, competenze logico-matematiche e applicazione del metodo scientifico. Inoltre, gli istituti scolastici dovrebbero dotarsi di strumenti di misurazione, a cadenza regolare, dei progressi compiuti dagli studenti a rischio di dispersione.

Promuovere il merito, aumentare le opportunità

La mobilità sociale si è drasticamente ridotta, al punto che le generazioni nate negli anni ’80 hanno molte meno opportunità di evolvere nella scala sociale rispetto alle generazioni precedenti. La condizione della famiglia di origine condiziona pesantemente l’esito scolastico e i percorsi di vita. Si iscrive all'università solo il 14 per cento dei figli di operai, a fronte di un valore pari al 59 per cento per i figli della borghesia. Parallelamente, i finanziamenti per il “diritto allo studio” sono stati drasticamente ridotti negli ultimi anni.

Questa tendenza va immediatamente invertita. Si suggerisce, quindi, che la Conferenza Stato-Regioni vari, quanto prima, il decreto sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei requisiti di eleggibilità per il diritto allo studio universitario. Inoltre, il Fondo Integrativo Statale delle borse di studio, recentemente ridotto a livelli minimi, va aumentato in modo consistente, anche per sottolineare che lo Stato intende offrire reali opportunità verso gli studenti meritevoli provenienti da famiglie meno abbienti. Per questo, tale Fondo deve essere portato a 250 milioni di euro annui, il che corrisponde ad un raddoppio della posta dedicata a questa materia prima dei drastici tagli operati per il biennio 2013-2014.

Investire in istruzione per migliorare la salute e ridurre i costi del sistema sanitario

La speranza di vita è cresciuta molto, portando il nostro Paese a divenire uno dei più longevi al mondo. D’altra parte, una quota crescente della popolazione anziana, soprattutto donne, vive numerosi anni in cattiva salute. Parallelamente, sta aumentando l’incidenza di comportamenti (obesità, sedentarietà, abuso di alcool, fumo, ecc.) che mettono a rischio la salute delle presenti generazioni (soprattutto quelle giovanili - oltre il 35 per cento dei bambini è sovrappeso) e generano elevati costi sul sistema sanitario nazionale (il Ministero della Salute stima in 28.000 i decessi prematuri all'anno imputabili esclusivamente all'inattività fisica).

L’istruzione gioca un ruolo fondamentale nel determinare il rischio di mortalità: nella popolazione fra i 25 e i 64 anni le donne con livello di istruzione più basso hanno un rischio di mortalità circa doppio rispetto alle donne della stessa età con titolo di studio più elevato, mentre tra gli uomini meno istruiti il rischio è dell’80 per cento più elevato rispetto ai più istruiti. Di conseguenza, dedicare risorse all’insegnamento di stili di vita salutari è un investimento sul futuro, oltre che uno strumento per migliorare la qualità della vita odierna.

Per questo si propone di avviare iniziative di prevenzione quali, ad esempio:

-        Il potenziamento delle iniziative finalizzate ad insegnare stili di vita salutari nelle scuole e nelle università, promuovendo, sul modello americano, l’eliminazione dai distributori automatici collocati nelle scuole di cibo e bevande ad alto contenuto calorico;

-        l’introduzione di un sistema di certificazione per iniziative realizzate all’interno delle aziende volte alla salute dei dipendenti, da realizzare secondo le linee guida disponibili a livello internazionale;

-        la sensibilizzazione dei medici di base al fine di prescrivere esercizio fisico ai pazienti, con eventuale deduzione fiscale delle spese per l'esercizio svolto su prescrizione medica o per l’acquisto di strumenti per l’esercizio fisico.

La scuola digitale e la cultura dei dati

Il cambiamento della scuola passa anche attraverso la capacità di sfruttare quello che le nuove tecnologie offrono, soprattutto per la costruzione degli ambienti di apprendimento. Per far questo è indispensabile il miglioramento dell’infrastruttura di rete delle scuole, attualmente dimensionata per la gestione amministrativa, anche in vista dell’adozione dei libri digitali, prevista progressivamente dal 2014, la quale stimolerà una forte domanda di formazione e di innovazione attraverso i linguaggi digitali.

Inoltre, con il miglioramento dell’accesso ai dati va sviluppata una nuova cultura della decisione basata sui dati, che superi le barriere disciplinari e apra la strada agli approcci sistemici e quantitativi che sono ora possibili e necessari. Ogni cittadino può oggi contribuire a piattaforme partecipative per la raccolta dei dati, fungendo come sensore volontario per la creazione di osservatori digitali della società, dell'economia, e della salute pubblica, così generando quelli che si chiamano i Big Data. La capacità di questi osservatori di coinvolgere i cittadini come partecipanti attivi dipende dallo sviluppo, a partire dal livello scolastico, di una cultura attiva del dato, che predisponga i cittadini di domani ad un ruolo attivo nei confronti del proprio ambiente e delle proprie condizioni socio-economiche.

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Potenziare il sistema pubblico della ricerca

L’attuale sistema degli enti pubblici di ricerca rappresenta, insieme al sistema universitario, un’infrastruttura essenziale per lo sviluppo del Paese. Uno sviluppo che non può che avvenire attraverso l’avanzamento e la diffusione della conoscenza, il miglioramento del contenuto qualitativo delle produzioni di beni e servizi, la creazione continua di capitale umano di eccellenza. Tuttavia, l’efficacia e l’efficienza del sistema degli enti pubblici di ricerca appare limitata da un insieme di regole che, ideate per la generalità della pubblica amministrazione, mal si adattano a disciplinare l’attività di ricerca. Il rafforzamento del controllo della buona amministrazione deve essere accompagnato da una pianificazione certa a medio termine delle risorse umane e finanziarie. Inoltre, l’attuale limite per le nuove assunzioni (20% delle uscite, un valore identico a quello imposto su tutte le altre pubbliche amministrazioni), unito all’allungamento della vita lavorativa, sta già determinando un invecchiamento precoce delle risorse impegnate negli enti di ricerca, condizionando la capacità di innovazione. Di conseguenza, si propone di:

-        definire un nuovo sistema di assegnazione da parte dello Stato delle risorse agli enti pubblici di ricerca, basato su: a) budget pluriennali specifici per ciascun ente basati su piani di attività dettagliati e discussi non solo con i ministeri vigilanti, ma anche con le competenti commissioni parlamentari; b) un monitoraggio continuo dell’attività, i cui risultati siano resi disponibili al pubblico; c) rendicontazione finale da parte dell’ente;

-        aumentare la quota del turn-over per i ricercatori, tecnologi e le altre figure tecniche degli enti pubblici di ricerca e delle università, conservando per queste ultime il limite delle disponibilità finanziarie già disponibili (il che vorrebbe dire che solo gli atenei più virtuosi potrebbero procedere a reclutamenti aggiuntivi rispetto alla situazione attuale);

-        prevedere una maggiore flessibilità e autonomia nella definizione della struttura interna degli enti, selezionando i dirigenti delle strutture di ricerca con procedure pubbliche, sulla base delle migliori pratiche disponibili a livello internazionale;

-        consentire una totale mobilità (anche temporanea) dei ricercatori tra enti di ricerca e università, all’interno dei vincoli di bilancio predefiniti. Anche in questa prospettiva, che consentirebbe di creare, in analogia a quanto già avviene in altri paesi europei, un “sistema nazionale della ricerca”, sarebbe importante ridefinire lo stato giuridico dei ricercatori degli enti di ricerca.

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Estratto

Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea “Agenda possibile”
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Relazione Finale del Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali istituito il 30 marzo 2013, 12 aprile 2013



Relazione Finale del Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali
Istituito il 30 marzo 2013 dal Presidente della Repubblica
composto da Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello, Luciano Violante
12 aprile 2013

Premessa

1. Diritti dei cittadini e partecipazione democratica
Statuto dei Partiti
Referendum
Leggi di iniziativa popolare
Dibattito pubblico sui grandi interventi infrastrutturali
Principio di legalità

2. Del metodo per le riforme costituzionali

La Commissione Redigente

3. Parlamento e Governo
Forma di Governo
Rapporti Parlamento-Governo
Legge elettorale
Superamento del bicameralismo paritario
Numero dei parlamentari
Funzionamento delle Camere

4. Rapporto Stato-Regioni
Poteri e Funzioni delle Regioni
Federalismo Fiscale

5. Amministrazione della Giustizia
Obbiettivi di carattere generale
Certezza del diritto e Principio di legalità
Giustizia Penale
Giustizia Civile
Responsabilità disciplinare dei magistrati
Magistratura e mezzi di comunicazione
Magistrati e cariche elettive o di governo Magistrati fuori ruolo CSM

6. Regole per l’attività politica e il suo finanziamento
Finanziamento dei partiti
Conflitto di interessi
Lobbies
Giunte per la Deontologia Parlamentare

Appendice


Estratto
Indice

Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali
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Relazione Finale


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Ultimo aggiornamento (Domenica 14 Aprile 2013 12:55)