La relazione del Segretario Generale Giuseppe D’Aprile al Congresso della UIL SCUOLA RUA.

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Federazione
UIL SCUOLA RUA

26 Settembre 2022

Congresso: la relazione del Segretario Generale Giuseppe D’Aprile

Carissime delegate, carissimi delegati, gentili ospiti, benvenuti a questo secondo Congresso Nazionale della Federazione UIL Scuola RUA.

È un vero piacere per me vedervi tutti qui riuniti dopo tanto tempo, tempo e lontananza, che non ci hanno assolutamente né divisi, né indeboliti.

Le giornate di questo Congresso Nazionale sono per noi un momento importante; periodicamente ci interroghiamo sulle linee politico – sindacali attraverso un confronto democratico, predisponiamo il piano d’azione per i prossimi anni e scegliamo gli attivisti che ai vari livelli guideranno l’Organizzazione fino al Congresso successivo.

Ci presentiamo a questo importante appuntamento con ottimi parametri organizzativi: i lavoratori, evidentemente, percepiscono ed apprezzano l’azione di un sindacato libero, laico, riformista, un’organizzazione in ottima salute che, ha operato e opera le scelte giuste.

La nostra formula vincente è molto semplice: ascoltare i lavoratori, raccogliere e far proprie le loro opinioni e necessità, elaborare idee e progettare piani d’azione senza vincoli esterni; siamo la VOCE LIBERA della scuola. Noi giudichiamo i governi dal loro operato, da quello che fanno, non abbiamo schieramenti pregiudiziali, in quanto distinguiamo nettamente il ruolo del sindacato dalle idee politiche che ognuno di noi ha e che è giusto che esprima, ma in sede politica e non sindacale.

Questa libertà è una componente essenziale del nostro essere Sindacato, ed è per questo che l’adesione alla UIL SCUOLA in questi ULTIMI ANNI ha registrato un’accelerazione: siamo l’Organizzazione Sindacale che, nel mondo della scuola, consolida in questi anni, la propria alta percentuale di consensi. Lo stato di buona salute della nostra Organizzazione è testimoniato anche dai risultati ottenuti nelle recenti elezioni RSU. La leva strategica, per la UIL, sono e saranno le persone che nelle scuole vivono quotidianamente ingiustizie e per difendersi l’unica strada è quella della contrattazione per influire sulle decisioni assunte nel pieno rispetto dei diritti del singolo definito nel contratto nazionale che è un punto di riferimento certo.

È grazie, infatti, alla UIL tutta, alla sua visione, al suo modo di far sindacato, alla sua identità, che possiamo vantarci dei traguardi raggiunti.

La passione e la voglia di giustizia delle nostre RSU e dei terminali associativi, sarà, insieme alle Segretarie Territoriali, Regionali e alla Segreteria Nazionale, il miglior viatico per un grande successo da continuare a condurre nelle scuole, tra la gente. 160.000 grazie alle RSU elette, ai terminali associativi, a tutte le candidate e ai candidati, a tutti coloro hanno sostenuto le nostre liste.

GRAZIE!

Ricordiamocelo sempre: SIAMO IL SINDACATO NELLE SCUOLE, TRA LA GENTE!

Carissime delegate, carissimi delegati, gentili ospiti, all’indomani dei Congressi regionali durante i quali ci siamo confrontati con decine e decine di attivisti sindacali che hanno reso vivo il nostro percorso precongressuale dai quali, personalmente, ne esco arricchito, questo Congresso si colloca in un momento importante per la scuola italiana.

È l’occasione questa, per effettuare una valutazione complessiva sulla situazione del Paese – che inevitabilmente si ripercuote sulla scuola – per elaborare proposte ed azioni profondamente innovative e per contribuire al rilancio di nuove relazioni sindacali.

Il tema da noi scelto per questo Congresso, come avrete notato nella comunicazione, è RISPETTO.

Rispetto non è una semplice parola, perché sarebbe molto riduttivo. È per me, invece, un importante principio di vita; è un VALORE su cui si dovrebbe basare qualsiasi relazione umana. E’ un sentimento di stima, di riguardo; è un modo di relazionarsi in cui si dà valore alle persone, al loro pensiero, alle loro azioni.

Rispetto implica fare attenzione a tutto ciò che ci circonda sia esso umano o materiale; è l’opposto di indifferenza.

Quindi RISPETTO per l’ottimo lavoro svolto da tutto il personale della scuola, siano essi Dirigenti, docenti o Ata, che in questi duri anni di pandemia si sono trovati ad affrontare situazioni insolite, difficili, complesse per le quali hanno dovuto inventarsi nuovi strumenti di insegnamento, senza mai retrocedere, dimostrando anzi grande spirito di flessibilità, professionalità, dedizione al lavoro e grande senso di responsabilità.

RISPETTO per l’impegno che hanno profuso le FAMIGLIE in questo nuovo ed insolito modo di far scuola, avvicinandosi alcune, forse per la prima volta, nel mondo del digitale con grandi sacrifici non ultimi economici. I genitori, infatti, hanno assistito ad un insolito e nuovo luogo dell’apprendimento (da scuola – a casa) con un insolito intreccio scuola/famiglia – scuola/casa. Le dinamiche relazionali e le dinamiche di classe hanno lasciato il posto ad un apprendimento “on line” dove la “fisicità”, il contatto umano, interpersonale, passava attraverso l’uso di un pc e di strumentazioni digitali.

RISPETTO verso gli STUDENTI tutti, che, sebbene spaesati e sovente disorientati, si sono velocemente adattati al nuovo modello di far lezione e ad un contesto diverso di scuola. Rispetto a quanti studenti come Giulio che, pur di ritrovare i suoi docenti e fare lezione con i suoi compagni, tutte le mattine ha percorso quasi un KM di strada che lo ha portato nei campi perché a casa mancava di connessione! E’ evidente che con la pandemia abbiamo tolto agli studenti e ai docenti la possibilità di comunicare non solo con le parole, con i libri, con i video, con gli strumenti tecnologici, ma soprattutto con gli sguardi, con l’incontro (e talvolta lo scontro…) fisico e con tutti gli elementi della prossemica. È venuto meno anche il contatto con gli altri operatori della scuola, le amate “bidelle” e gli amati “bidelli”, che, soprattutto nella scuola primaria, rappresentano spesso fonte di conforto e supporto psicologico per molti dei nostri studenti.

RISPETTO verso VOI TUTTI qui presenti, per essere riusciti a mantenere stretto il legame con i ns iscritti, per aver “inventato” nuovi modi per far sindacato che ci hanno permesso, anche da lontano, di stare TRA LA GENTE.

RISPETTO per le Istituzioni e le parti politiche, nei confronti delle quali se necessario, ci opporremo su scelte non condivise, ma sempre con un dialogo costruttivo e fattivo.

Carissime delegate, carissimi delegati, gentili ospiti,

in questi anni le politiche dei tagli e di limitazione dei diritti hanno tentato di indebolire sempre più l’autorevolezza della scuola statale del nostro paese.

È pertanto chiaro che i nuovi pericoli sono da allontanare con la partecipazione e con un sindacato che abbia chiaro l’orizzonte entro cui attivare la propria azione.

Abbiamo reagito fin qui, evidentemente con le giuste strategie politiche, per difendere il nostro posto di lavoro e la dignità del lavoro, proponendo un sindacato credibile ed autorevole che metta al centro le persone.

Non sfugge a nessuno la portata e l’entità degli avvenimenti che si sono succeduti, negli ultimi anni, nel contesto sia internazionale che nazionale, segnati dall’emergenza pandemica che, a causa del COVID 19, ha inciso sulla vita di tutti, sugli affetti, sulla vita quotidiana e da una ingiusta guerra che nei primi 100 giorni aveva già danneggiato e distrutto quasi 2.000 scuole e lasciato 8 milioni di bambini senza istruzione.

Desidero anzitutto ricordare che se l’obiettivo di questo tempo trascorso in emergenza è stato quello del “mantenimento dei legami”, seppur a distanza e tramite strumenti che permettono di condividere spazi non reali, ma solo virtuali, è sicuramente riuscito.

Di contro, dobbiamo però rimarcare che, la scuola, sia essa in presenza che a distanza, debba fare di tutto per mantenere tutte le alunne e gli alunni, tutte le studentesse e gli studenti all’interno di un percorso di apprendimento affinché nessuno resti indietro!

Crediamo, infatti, nel ruolo della scuola intesa come garante nel mantenimento di legami e di relazioni interpersonali “in presenza” in quanto è proprio all’interno delle dinamiche di classe e di scuola che emergono situazioni di fragilità psicologica ed emotiva che, a seconda delle diverse fasce di età, riguardano le nostre studentesse e i nostri studenti.

Ecco l’importanza per noi del valore relazionale educativo formativo e sociale della Scuola.

Allora, la sfida della scuola di oggi è quella di far tesoro di un’esperienza dolorosa che ha colpito tutta la nazione, tutte le famiglie, tutti i settori della nostra economia e che deve essere trasformata in risorsa e capacità d’azione.

Il Covid nella scuola non ha fatto altro che evidenziare e riportare alla luce i problemi che già esistevano. E di questo bisogna farne tesoro per ripartire sicuramente meglio di prima.

Se vogliamo, paradossalmente, a causa del Covid la scuola era ritornata ad essere al centro del dibattito politico dell’Italia. Ed ora lo è nuovamente per motivazioni non più sanitarie, ma politiche. La scuola però merita SEMPRE di essere al centro dell’attenzione; è questo il momento di decidere. Serve un provvedimento organico, per pensare oggi, la scuola dei prossimi anni.

Il mondo sta diventando sempre più piccolo e veloce: l’informazione viaggia in tempo reale, gli strumenti sono digitali, la globalizzazione è realtà.

Ecco che allora anche per la scuola bisogna muoversi velocemente: si deve agire oggi, serve ora una progettazione immediata, organica e strutturata nel tempo. La scuola non può più aspettare, perché oggi è già domani.

Un invito voglio fare ad ognuno di noi: il nostro lavoro ci porta ad essere sempre in mezzo agli adolescenti, ai giovani; il futuro è nelle loro e nelle nostre mani se sapremo formare cittadini del mondo rispettosi dei principi di democrazia, di tolleranza, di libertà e di civile convivenza.

In una società immersa in un oceano di informazioni e permeata, in ogni suo aspetto, di tecnologia, viene spontaneo domandarsi:

“Come sta cambiando il modo di apprendere dei nostri alunni e dei nostri studenti? Quali sono gli stili di apprendimento prevalenti e di conseguenza quali devono essere le metodologie di insegnamento?

Quale deve essere il ruolo della scuola all’interno di una società della conoscenza dove anche altre Agenzie forniscono informazioni e formazione? Che cosa succede quando la scuola non riesce ad intercettare i bisogni degli alunni e degli studenti?”.

Ancora l’8 % dei ragazzi italiani tra gli 11 ed i 14 anni, anziché andare a scuola, va a lavorare (ristoranti, bar, vendita ambulante, officine, ecc.); il fenomeno diffuso sia al Sud che a Milano e nel Nord-Est, non è solo dovuto a povertà ma anche a tassi di scolarizzazione bassi: interruzione scolastica, bocciati alle Scuole Secondarie di 2° grado, ritardi rispetto all’età regolare, ripetenti, mancanza di strutture. Occorre pensare al sostegno economico di famiglie ulteriormente impoverite, per le quali la scuola dei figli diventa un impegno gravoso e della quale non si apprezza il valore culturale.

C’è il rischio concreto di una nuova selezione di classe che comincia proprio dalla Scuola; occorre fare attenzione ed è senz’altro necessario ripensare la scuola in questo momento storico ed al ruolo che occupa nella società.

Ma attenzione, il ruolo della scuola, a nostro avviso, non è solo quello di istruire gli alunni, di pensare alla loro formazione, ma soprattutto quello di EDUCARE, insegnare loro a pensare, ad essere critici, ad essere RISPETTOSI, a diventare futuri ottimi cittadini del domani, essendo la scuola palestra privilegiata per la costruzione di una società democratica e pluralista.

Certo, di scuola i media se ne occupano continuamente, con un’attenzione però rivolta quasi esclusivamente ai problemi del personale scolastico, piuttosto che a un serio dibattito sulle criticità del sistema di istruzione nazionale; la scuola, diventata oggetto di valutazioni superficiali che scaturiscono da semplici indicatori e da proposte contraddittorie ed estemporanee, senza un progetto di lungo respiro condiviso da tutti gli attori sociali: purtroppo in questo Paese ormai è consuetudine valutare la scuola e quindi il rendimento degli alunni solo ed esclusivamente attraverso inutili e sterili test che hanno assunto un enorme potere, i cui esiti, dovrebbero indirizzare e orientare gli interventi correttivi da parte dei nostri legislatori. Test somministrati da un istituto di valutazione bacchettato dalla Corte dei Conti, che ha sottolineato pesanti criticità. Un istituto che durante la pandemia ci è costato 5 milioni di euro con un bilancio che sfiora a regime i 18 milioni di euro.

ECCO GLI SPRECHI DA ELIMINARE!

È molto problematico fare comparazioni tra le diverse Regioni Italiane e anche tra Stati diversi sulla semplice base delle medie nazionali. Non è possibile valutare l’efficienza di un intero sistema educativo se non si tiene conto delle condizioni socio-economiche dei ragazzi e del territorio nel quale vivono, delle variabili culturali, della struttura del percorso scolastico, dei metodi e dei programmi d’insegnamento.

Conseguentemente le soluzioni non possono essere per tutti uguali, appunto perché i contesti di partenza sono diversi.

E ancora, affermazioni quali “la scuola deve sviluppare certe competenze in grado di far fronte ai cambiamenti del mondo globalizzato e consentire un facile inserimento nel mercato del lavoro” non è, come sembra, una semplice frase di buon senso.

È un’affermazione carica di significato politico ed economico.

Soprattutto per la scuola secondaria si tende a negare che il fine sia quello di trasmettere il sapere, un sapere organizzato in discipline e si pongono come finalità pedagogiche degli ideali sociali ed economici.

Assolutamente discutibile voler dare a ragazzi di 14-15 anni strumenti che possano loro garantire un inserimento in un mondo del lavoro pensato a tavolino. Al contrario questi strumenti devono essere forniti nelle università o in altri istituti consacrati alla formazione di terzo grado. A questi percorsi i ragazzi devono giungere con una salda e articolata cultura di base, conoscendo i concetti fondamentali di ogni disciplina.

Diversamente rischiamo di trasformare gli alunni, in alcuni casi, quale “manodopera a costo zero”, facendo passare per stage ciò che è sfruttamento.

Non possiamo più assistere in modo inerme alle morti di studenti come Giuliano De Seta, deceduto venerdì scorso dopo essere stato colpito da una lastra di metallo che gli ha schiacciato le gambe mentre frequentava uno stage con un istituto tecnico statale. Era studente di un istituto tecnico di Portogruaro.

Così come lo scorso inverno, alla Burimec di Lauzacco dove, anche qui, un ragazzo di 18 anni, Lorenzo Parelli, aveva perso la vita travolto da una trave d’acciaio mentre era impegnato nell’ultimo giorno di stage.

La scuola non deve piegarsi alle logiche di mercato.

C’è un tempo per tutto. A scuola non si lavora, si studia!

La nostra cultura riformista ci impone di sostenere le riforme migliori, i cambiamenti veri, quelli possibili, quelli che si realizzano, non quelli dichiarati, auspicati, promessi, minacciati o addirittura imposti.

Il PNRR ha stanziato diversi fondi per la Scuola, che non serviranno ad incrementare gli ormai magrissimi stipendi del personale, docente e non, una pseudo riforma senza alcuna discussione in Parlamento e con le parti sociali che, invece, avrebbe avuto la funzione di stabilire a quale tipo di scuola e di modello educativo finalizzarli. Nulla di tutto ciò.

I dirigenti scolastici, di conseguenza, verranno inevitabilmente coinvolti sotto il profilo procedurale essendo chiamati a svolgere la funzione dirigenziale di una stazione appaltante (in questo caso la scuola) per la realizzazione di opere infrastrutturali oltre per la gestione di ingenti risorse per la lotta alla dispersione e all’abbandono scolastico.

Il tutto in assenza di indicazioni chiare e precise e con fortissime carenze di organico nelle segreterie scolastiche chiamate, sempre più, ad assolvere a compiti gravosissimi.

Una pseudo riforma, nostro malgrado perché di questo si tratta, che introduce anche un tipo di formazione come quella relativa all’istituenda scuola di Alta formazione continua per tutto il personale. Saranno coinvolti Indire, Invalsi e Università Italiane e straniere, al fine di garantire un sistema di formazione continua e di qualità, in linea con gli standard europei. L’obiettivo è fornire una formazione pedagogica e didattica che, insieme a una conoscenza approfondita della materia, consenta di affrontare efficacemente la sfida della trasmissione di competenze metodologiche, digitali e culturali nell’ambito di una didattica di alta qualità. Una formazione, invece, a parer nostro, di tipo piramidale e dirigista finanziata con risorse recuperate dai tagli di organico e dalla carta docente, che rischia di misurare e premiare le performance dei propri dipendenti annullando di fatto la libertà di insegnamento con inevitabili ricadute sulla qualità dell’insegnamento che invece deve essere laico e libero; NON SI PUO’ INSEGNARE A INSEGNARE; noi questo tipo di scuola la rimandiamo al mittente.

Viviamo in una fase storica in cui alla confusione si sta aggiungendo altra confusione; la scuola richiede, invece e innanzitutto serenità, non può ‘inseguire’ modelli elettorali.

La scuola deve essere, oltre che priorità nell’agenda politica, anche e soprattutto LIBERA e AUTONOMA. Per usare le stesse parole dette dal ns Presidente Matterella nell’incontro di inizio anno scolastico: “La scuola assicura a tutti uno straordinario arricchimento. La scuola è, anzitutto, libertà”.

L’autonomia deve recuperare, a nostro avviso, la centralità della didattica; gli aspetti essenziali dell’autonomia sono rappresentati dalla progettazione dell’offerta formativa, dalla personalizzazione dell’insegnamento. Il fare scuola è l’attività che si svolge con gli alunni. Gli insegnanti devono essere liberi da inutili produzioni cartacee in modo che possano dedicare il loro tempo alla loro funzione: quella di insegnare e stare in classe con i ragazzi.

Il valore aggiunto del sistema di istruzione è anzitutto il lavoro delle persone, l’impegno, la passione. In ogni decisione politica si deve partire dal dare il giusto valore al lavoro delle persone, non ultimo quello economico.

Sul fronte stipendi, l’andamento non è allo stesso modo così incalzante e quindi gli stipendi, seppur tendenzialmente più alti rispetto al passato, non reggono il passo con tutti gli altri aumenti registrati.

L’andamento degli stipendi non ha coperto l’aumento del costo della vita. Il trend degli ultimi anni (dati Istat) mostra che il personale della scuola non ha beneficiato, in termini di crescita delle retribuzioni, dei momenti di sviluppo, con un Paese a PIL crescente. Con il rallentamento del PIL, e attualmente, in assenza di rinnovo contrattuale, la situazione è diventata ancor più critica. Il rischio è che i nuclei familiari che finora erano poco sopra alla soglia di povertà vadano ad allargare la platea di coloro che non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Il progresso delle retribuzioni e il passaggio a una ripresa sostenibile richiedono uno Stato centrale determinato.

Noi ci batteremo per l’aumento degli stipendi di tutti i lavoratori della scuola – non è uno slogan, è per noi un obiettivo irrinunciabile, magari difficile da raggiungere come desideriamo noi, comunque irrinunciabile – e impronteremo il nostro pensare ed il nostro agire anche per cogliere le specificità, per individuare i carichi di lavoro e di responsabilità diversi. Le retribuzioni devono essere innalzate per equipararle a quelle dei colleghi europei o per pareggiarle a quelle che spettano alle persone che hanno percorso la stessa carriera scolastica e si trovano a svolgere lavori in ambiti diversi della pubblica amministrazione, ma soprattutto per la delicata funzione e per l’importanza del ruolo che il personale della scuola svolge e che rappresenta nell’educazione e nella formazione degli alunni. Non è più sostenibile, ad esempio, la differenziazione stipendiale tra docenti appartenenti a ruoli diversi a maggior ragione in presenza dello stesso titolo di studio. La funzione del docente rimane tale anche tra gradi di scuola diversi.

È ora invece di ‘sostenere’ la nostra scuola, darle risorse, competenze, specificità, mezzi, perché è dalla qualità della scuola, dall’istruzione che passa lo sviluppo del nostro Paese.

Difendiamo la SCUOLA STATALE … UNA SCUOLA STATALE E NAZIONALE

La scuola statale italiana costituisce comunque il 93% dell’intero sistema di istruzione del nostro Paese e in essa sono impegnati un milione di lavoratori che svolgono quotidianamente un duro e serio lavoro.

La scuola italiana è e dovrà rimanere nazionale.

Come sapete la Formazione Professionale, dopo la legge Moratti n. 53 del 2005 ed i previsti decreti attuativi, è entrata a far parte del sistema nazionale di istruzione ed è valida per assolvere all’obbligo scolastico fino ai 15 anni e al diritto dovere fino al 18 anno; è gratuita sia per quanto riguarda le tasse di iscrizione ed i materiali didattici e per esercitazioni pratiche. Nei decreti attuativi sono previste norme per l’accreditamento dei gestori, per l’applicazione dello specifico CCNL, per la durata dell’anno formativo, ecc.

Bene, le Regioni, che sono delegate all’attuazione, sfruttando le ambiguità della riforma del Titolo V della Costituzione che prevede che la materia diventi “concorrente” con lo Stato, hanno in pratica disatteso le indicazioni nazionali fino a realizzare non più un “sistema nazionale” ma 20 sistemi regionali diversificati per durata, finanziamenti, applicazione di Contratti di lavoro eterogenei, ecc., con il completo disimpegno a garantire dei finanziamenti stabili e soprattutto legati all’andamento dell’inflazione, così come era stato per molti anni.

Di fronte all’impossibilità di addivenire da ben nove anni ad un rinnovo del CCNL che garantisse almeno dei trattamenti economici tabellari coerenti con l’inflazione, e di ripristinare le coerenze con le indicazioni nazionali, Le Organizzazioni Sindacali  Confederali e di Categoria, insieme a quelle datoriali, hanno richiesto più di 5 mesi fa un incontro con il Presidente della Conferenza delle Regioni e col Ministro del Lavoro, ma, fino ad oggi, non vi è stata nemmeno una riposta interlocutoria.

Ancora, per la sanità abbiamo visto il risultato di scelte scellerate di tagli e riduzioni. E così per la scuola rischiamo di trovarci nella stessa drammatica emergenza che decreterebbe la fine del sistema scolastico nazionale, così come l’Italia lo ha concepito, se non blocchiamo, ad esempio quel pericolo anticostituzionale ma ancora incombente ma silente della regionalizzazione della scuola statale. Ma noi saremo vigili affinché ciò non avvenga.

Inoltre, i continui finanziamenti alle scuole private che potrebbero essere destinate alle scuole statali, sono la testimonianza della scarsa attenzione che il mondo della politica ha nei riguardi della scuola pubblica statale, nazionale e laica di questo paese.

Le conseguenze saranno quelle di introdurre nel sistema dell’istruzione un meccanismo competitivo e concorrenziale regolato e condizionato dal mercato per aumentarne l’efficienza e soddisfare le richieste delle famiglie. Ma ricordiamo però che la scuola non è solo lo strumento per imparare a “leggere e scrivere”, ma il luogo primo e principale per la costruzione dell’eguaglianza sociale, al di fuori di qualsiasi meccanismo competitivo e di mercato. Lo Stato per questo dovrebbe avere un ruolo centrale nell’istruzione, attraverso un modello che sia garanzia di laicità, gratuità e pluralismo che contribuisca a mantenere alto il livello qualitativo dell’istruzione, che rappresenta uno dei principali fattori di crescita economica e sociale di qualsiasi paese.

Solo, però, se saremo in grado di portare avanti un’idea forte di scuola, potremo eliminare le periodiche incursioni di politici, i tentativi di incursione legislativa nelle materie contrattuali, le denigrazioni da parte dell’opinione pubblica e soprattutto saremo più forti nel pretendere una rivalutazione sociale del nostro lavoro. Un’idea forte di scuola che purtroppo si sta affievolendo.

È necessario rinvigorirla soprattutto tra le persone “non di scuola”.

E questo lo faremo insieme.

Affronteremo il lavoro dei prossimi anni attraverso una progettualità e organizzazione paziente e programmata, attraverso il continuo confronto con la nostra confederazione e tutti voi, anche in un’ottica di crescita e radicamento sia negli apparati confederali territoriali, sia in quei territori dove ancora la presenza del nostro sindacato è debole, continuando ad essere la voce libera della scuola.

Una voce libera nelle scuole, tra la gente, possibilmente attraverso azioni unitarie. Se necessario, però, noi andremo anche da soli ma nel rispetto delle opinioni altrui – anche se non condivisibili – senza mai perdere di vista valori quali correttezza e lealtà: queste sono componenti essenziali del nostro essere Sindacato.

Le sfide dei prossimi anni saranno importanti e determinanti per fare in modo che la scuola del futuro, c.d. 4.0, che passa attraverso la transizione ecologica e digitale e che sono obiettivi cardine del PNRR, non prescinda dalla relazione educativa in aula in presenza e affianchi le nuove competenze alle già note conoscenze solide e corrette, possibilmente riducendo i divari territoriali.

Lavoreremo affinché la politica realizzi interventi concreti e reali strutturati nel tempo per la salvaguardia di un bene comune quale la scuola. Alla politica diciamo: meno slogan, meno propaganda elettorale! Più fatti!

Ricordiamo che la scuola, come da noi pensata LAICA E LIBERA, deve essere lasciata fuori dallo scontro politico; non va strumentalizzata a fini elettorali.

La scuola, nel suo insieme, deve ritornare SUBITO a collocarsi ai primi posti dell’agenda politica di chi ci governerà. E allora la politica, qualunque essa sia, troverà un sindacato non oppositivo, ma collaborativo e costruttivo.

Il sindacato che rappresentiamo è un sindacato, che crede nei principi generali di libertà e giustizia sociale, nel lavoro della comunità educante e nel valore della scuola statale quale funzione dello Stato.

Come tutte le cose, personalmente credo che il sindacato debba adeguarsi e stare al passo con i tempi che cambiano celermente ma senza perdere di vista, almeno nel nostro caso, i valori di riferimento che lo hanno contraddistinto da sempre.

Dobbiamo continuare ad essere coerenti con la nostra visione di una scuola pubblica statale e nazionale e con i principi che da sempre hanno guidato le nostre battaglie.

Dobbiamo trovare sempre soluzioni legittime per la risoluzione dei problemi, prima di arrivare alle contrapposizioni, prediligendo il dialogo nel confronto e nella contrattazione.

La sfida, oggi, è senza dubbio molto difficile da vincere, ma come diceva una storica frase di un film americano degli anni ’80  ‘quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare’. Dobbiamo confrontarci con l’inflazione che si avvia verso il 10%, gli stipendi che non reggono il passo agli aumenti registrati, il potere d’acquisto in continuo calo, la pandemia, le guerre, le tensioni nazionali ed internazionali… e io vi invito ad affrontare tutto ciò con la stessa audacia, forza e determinazione. Vi chiedo di continuare a fare ciò che state facendo con passione, dedizione, spirito di condivisione, professionalità ed allora sono sicuro che tutti assieme, remando nella stessa direzione, riusciremo a traghettare la nostra scuola fuori da questa “tempesta perfetta”. Ho detto tutti, perché per farcela è fondamentale che ognuno di noi, come soggetto attivo della comunità educante, occupi e svolga il proprio ruolo in modo coordinato e coerente con la nostra identità, con i principi da sempre condivisi e sostenuti, con azioni concrete, progetti e “lotte”:

Risolvere definitivamente la piaga del precariato sia del personale docente che del personale ATA (mi riferisco, ad esempio, anche alla necessità di trovare una soluzione per migliaia di assistenti amministrativi che svolgono da anni la funzione dei DSGA) attraverso un reclutamento serio e snello, facilitando il percorso per l’immissione in ruolo che consideri anche l’esperienza “sul campo” di tutto il personale in modo da valorizzare e non disperdere le esperienze acquisite. Le scuole, ricordo a tutti, funzionano anche grazie al personale precario docente e ATA, la cui esperienza acquisita vale molto più di una formazione frontale, che si limita solo ed esclusivamente a trasferire saperi. Un precariato dapprima sfruttato e poi umiliato con forme di reclutamento che prediligono il sapere nozionistico a quello critico e i cui fallimenti sono sotto gli occhi di tutti.

La scuola è appena iniziata con più di 150.000 docenti precari; in alcuni casi gli stessi precari respinti ai concorsi…concorsi falsati da quesiti errati proposti dall’Amministrazione, classi senza docenti, graduatorie sbagliate, il contenzioso alle stelle, la continuità didattica non salvaguardata. Un sistema che non può reggere e che inevitabilmente si ripercuote sugli alunni.

Non si risolve il problema del reclutamento con la chiamata diretta dei docenti – che ricordo abbiamo eliminato per via contrattuale – come invece qualcuno ci vorrebbe far credere! Sarebbe un provvedimento sbagliato, frutto di scelte che non condividiamo e che danneggerebbe il sistema scuola!

Studenti e famiglie diventerebbero clienti da accontentare, fino a scegliersi il docente. Step propedeutici alla privatizzazione delle scuola stessa.

La scuola costituzionale è sinonimo di garanzia, trasparenza e legalità.

Ci opporremo in tutti i modi affinché ciò non avvenga.

Abolire il numero chiuso dai percorsi universitari che specializzano sul sostegno, in modo da interrompere la “via crucis” all’estero finalizzata alla compravendita di titoli che, poi puntualmente, vengono riconosciuti equipollenti in Italia. Non si risolve il problema legato al sostegno degli alunni disabili con una formazione di 25 ore che invece nasconde solo tagli di organico, in particolare per quelli in deroga, per scaricare sugli altri docenti della classe, che non sono specializzati, un ulteriore carico di lavoro.

Attualmente aumenta ancora il numero di alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane. In crescita anche il numero di insegnanti per il sostegno, ma circa il 34% non possiede una formazione specifica. Carenti gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione nel Mezzogiorno, scarsa l’accessibilità per gli alunni con disabilità motoria (solo nel 32% delle scuole) e molto critica la disponibilità di ausili per gli alunni con disabilità sensoriale (2%).

Aumenta l’organico in deroga di sostegno, ma il lavoro rimane sostanzialmente precario. E mentre aumentano in Italia gli alunni diversamente abili, il numero dei docenti a tempo indeterminato aumenta di poco negli anni mentre aumenta l’alto numero dei docenti di sostegno che lavora a tempo determinato, con una situazione di criticità soprattutto nella scuola superiore di secondo grado.

Oggi, circa la metà degli insegnanti di sostegno è precario.

Realizzare percorsi di specializzazione snelli secondo il reale fabbisogno, trasformare i posti in organico di fatto in posti in organico di diritto con contratti pluriennali finalizzati al ruolo anche per i docenti che vantano una esperienza sul sostegno senza titolo: questa la nostra ricetta, per riconoscere e sostenere sia la professionalità degli insegnanti di sostegno che favorire reali processi di integrazione e inclusione diversamente risolti attraverso contenzioso. Il tutto in applicazione di una legge, del 1977, che ci ha permesso di essere uno dei primi paesi europei ad occuparci di tali processi.

Realizzare una scuola sicura sotto ogni punto di vista.

Insieme e con l’aiuto della UIL che, come noto a tutti, è in prima linea in merito alla sicurezza del lavoro, è necessario affrontare il problema delle carenze infrastrutturali che coinvolge tutta la comunità educante.

Per questo il PNRR prevede un investimento pari a 3,9 milioni di euro anche perché i dati che emergono non sono confortanti. Siamo sicuri che la ricetta giusta sia quella dei “finanziamenti spot”?

Sugli oltre 40.000 edifici scolastici, tra sedi, plessi, succursali, edifici distaccati frequentati da circa dieci milioni di persone, il 23% non è stato originariamente costruito per uso scolastico, ma successivamente riadattato. Anche l’età degli stessi edifici indica che solo poco più di 1/3 di essi risale a dopo il 1980 mentre la parte maggiore risale al periodo 1946-1975. Quasi il 40% degli edifici non possiede il collaudo statico e meno del 50% possiede il certificato di agibilità e/o quello di prevenzione incendi.

Questo nonostante che, da una relazione del 18 giugno 2018 sul tema “Edilizia scolastica e sicurezza nelle scuole” disponibile sul sito della Camera dei Deputati, emerga che dal 2014 al 2017 sono stati investiti su questi capitoli 9 miliardi e 573 milioni di euro.

Questa è la testimonianza che i finanziamenti spot e di breve periodo non sono adatti a risolvere situazioni strutturali che prevedono tempistiche più lunghe con una progettazione più adeguata. È un settore nel quale si intrecciano competenze diversificate. È ora di denunciare le inadempienze che possono avere conseguenze serie e concrete e pretendere un maggiore impegno per la sicurezza nelle scuole da parte di tutti gli attori coinvolti attraverso interventi organici e strutturati nel tempo.

Come la pandemia ha evidenziato, è necessario investire in termini di organici per rideterminarli e incrementarli, tagliando gli sprechi presenti anche nel mondo della scuola. Organici falcidiati negli anni passati da politiche di tagli lineari e non razionali che hanno sguarnito le scuole di personale, assolutamente necessario e indispensabile per il funzionamento delle stesse. Aumentare l’organico del personale docente e ATA, con la trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto e conseguente diminuzione degli alunni per classe e, in particolare per il personale ATA, rendere strutturale quello che era l’organico Covid il cui mancato rinnovo incide soprattutto sulle segreterie scolastiche che, con carenze di organico, comunque sono chiamate, sempre più, ad assolvere a compiti gravosissimi che inevitabilmente coinvolgono a ulteriori carichi di responsabilità anche i Dirigenti Scolastici. A questo aggiungo, ai Dirigenti scolastici, apparentemente sostenuti ma realmente, il più delle volte, lasciati in perfetta solitudine e caricati di responsabilità che spesso vanno oltre le loro competenze, che il sindacato che rappresento non vi farà mancare mai il legittimo e giusto supporto in quanto rappresentate una tessera fondamentale di un mosaico che però si chiama COMUNITA’ EDUCANTE che insieme alla UIL Scuola sarà parte integrante di un disegno complessivo che ci vedrà protagonisti nelle scelte strategiche sulla scuola futura.

Questa la nostra agenda 2022-2026.

In sintesi: interventi su contratto, organici, precariato, no alla regionalizzazione, investimenti, edilizia scolastica, sono tutte rivendicazioni che interessano TUTTO il personale della scuola (ATA, Docente e Dirigenti Scolastici) che inevitabilmente avranno delle ricadute positive o negative anche sugli alunni e le famiglie.

Senza investimenti la scuola non può ripartire. Servono politiche che inducano un moltiplicatore elevato. L’istruzione è uno di quelli.

È evidente che la situazione della scuola di oggi è il risultato delle mancate politiche di sviluppo che si sarebbero dovute fare molti anni prima dell’emergenza, sempre rinviate a tempi migliori.

Noi lavoreremo con serietà, coerenza e con obiettivi chiari, affinché queste politiche vengano attuate e si realizzino.

L’investimento sulla scuola deve trovare posto in quel patto per il paese che la UIL e la UIL Scuola hanno più volte rivendicato. Un patto necessario in quanto la pandemia, se vogliamo, ha evidenziato le necessità di realizzarlo.

Fare sindacato significa fare delle scelte. Fare politica significa fare delle scelte. Se possibile queste scelte le faremo insieme senza pregiudiziali politiche. Una sola pregiudiziale: partire da un progetto di scuola moderna, laica, statale, nazionale, contro ogni forma di regionalizzazione che salvaguardi il diritto all’istruzione, la libertà di insegnamento e valorizzi il lavoro delle persone.

Saremo un sindacato sempre disponibile ma mai a disposizione!

Sono queste le basi dalle quali partire. Abbiamo il dovere di farlo soprattutto per i nostri figli, i nostri nipoti, per tutti i ragazzi che frequentano la scuola partendo dalla consapevolezza che abbiamo una grande responsabilità: le sorti di questo bel paese passano anche e soprattutto attraverso la SCUOLA!

La scuola merita attenzione e soprattutto RISPETTO.

Amiamo la nostra scuola…

W la scuola, w la UIL Scuola, w la UIL!

Documentazione
RELAZIONE INTEGRALE IN PDF *
[*N.d.R.> PDF scaricabile, circa 363 KB> Documentazione/ Link/ Indirizzi presenti nella nota UIL SCUOLA RUA originale e/o disponibili sui siti segnalati **]
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Da/ Fonte/ Titolare»
UIL SCUOLA RUA
Comunicato stampa N.
26 settembre 2022


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Estratto

Fonte dei dati, informazioni, procedure e documenti sono reperibili presso siti web/portali, esterni, ai link **»

UIL SCUOLA RUA
Federazione UIL SCUOLA RUA Nazionale

Dove


<
Link/siti
esterni non collegati
^Fonte» UIL SCUOLA RUA_Dcm_26SET2022=RS_2022-09-26»
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< N.d.R.

Documentazione correlata e/o richiamata»

Scuola in dati: anno scolastico 2022/2023
Il contributo dell’Ufficio di Statica del Ministero dell’Istruzione, da leggere.

D’Aprile: per la scuola fare presto e bene
Congresso Nazionale di Roma della UIL Scuola. >

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Confronto sindacati scuola e partiti politici: 8 settembre 2022
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Senato: la Commissione da parere negativo sul Docente Esperto
“…il decreto introduce una qualifica … che non prevede nuove funzioni introducendo disparità di trattamento a parità di condizioni di lavoro …”

Scuola e politiche di governo: sindacati e partiti 8 settembre 2022
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Formazione che spacca la comunità educante
Decreto Aiuti Bis: ci sono dei soldi divisivi e mal spesi.

TROVARE I SOLDI PER IL RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE
La denuncia dei sindacati scuola.


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